Il Cannocchiale

A poco più di un anno dal primo, devastante lockdown, facciamo ancora i conti con una pandemia che sembra non voglia darci tregua. Quel marzo 2020, quando tutto è iniziato, è ancora vivo nella mente di tutti noi.

Le notizie che giungevano dai media ci raccontavano di un virus che aveva colpito la Cina e si temeva che lo stesso virus potesse giungere in Europa e nel Mondo intero.

Inizialmente sembrava così lontano da noi! Era un problema che non ci toccava ancora. Ma quando il Presidente del Consiglio varò misure restrittive per contenerne l’avanzata, scattò qualcosa in ognuno di noi, un generale rispetto delle regole imposte perché ci illudevamo che in poche settimane tutto sarebbe tornato come prima. Però non fu così semplice e quello che ogni giorno ci colpiva era la chiusura di tutte le attività, l’avanzata inesorabile del virus, l’alta contagiosità e lo spropositato numero dei decessi giornalieri.

Ci siamo chiusi non solo nelle nostre case, ma anche nelle nostre paure e angosce, quello stato d’animo che ci ha portato a guardare con sospetto chiunque, ad avere la psicosi degli approvvigionamenti dei generi alimentari dettato dal terrore che tutte le attività si paralizzassero. Non da ultimo la sospensione delle attività didattiche a quel punto inevitabile e, quasi contemporaneamente, l’attivazione della DAD, uno strumento ai più del tutto sconosciuto.

Dall’iniziale euforia dei ragazzi per quella “vacanza” inaspettata, i giorni hanno iniziato a scorrere sempre uguali, tristi, segnati dall’incapacità di poter fare qualcosa. Effettivamente qualcosa è cambiato dentro di loro, ma in peggio. Davanti a quello schermo piatto, ci sono apparsi di giorno in giorno apatici, senza più stimoli, spaventati. Hanno iniziato a rendersi conto che quel quotidiano, spesso temuto e del quale prima avrebbero voluto fare a meno, con la pandemia, era diventato un desiderio inaspettato; quasi linfa vitale per la loro sopravvivenza. Così gli amici più turbolenti, i professori severi, le battute stupide tra i compagni, la paura delle verifiche o la gioia per un bel voto hanno iniziato ad avere, con grande sorpresa, un valore diverso. Andare a scuola fisicamente e sedersi davanti alla cattedra, non sarebbe mai stato così bello. Ora, chiusi in casa, l’avevano potuto apprezzare.

Per fortuna la scuola non si è fermata e, dopo pochissimo tempo, la macchina si è rimessa in moto. La “nostra” scuola è rimasta sempre “aperta”. La Dirigente e i docenti inizialmente hanno avviato attività in modalità asincrona, via via perfezionando il meccanismo delle lezioni on line e dei compiti assegnati e da restituire. La scuola non è tuttavia stata riaperta solo nella sua funzione strettamente didattica e di prestazione, ma ha ripreso immediatamente a far parte della quotidianità dei ragazzi e ha tentato di mantenere quella relazione generativa studente-docente che sopravvive alla chiusura dell’edificio.

Noi genitori abbiamo avuto modo di apprezzare il lavoro svolto, la dinamicità e la professionalità, unitamente all’impegno di essere riusciti a portare avanti i programmi scolastici coinvolgendo i nostri ragazzi attraverso nuove strade, sforzandosi di non perderne nessuno, cercando di recuperare frammenti di crescita attraverso il gusto e il piacere della scoperta, la responsabilità, la curiosità verso la nuova sfida.

Ovviamente non sono mancati momenti di difficoltà. Lavorare a distanza non è stato per tutti facile e i collegamenti, che avrebbero dovuto sopperire alle lezioni tradizionali, non sempre sono stati puntuali, per colpa di una connessione spesso instabile e sovraccarica. In alcuni momenti lo sconforto si toccava con mano. Capitava che durante un’interrogazione o nel bel mezzo di una spiegazione saltava il collegamento e bisognava ricominciare da capo. Per non dire poi, di quando qualche genitore interveniva non invitato, per suggerire o addirittura per contraddire quanto appena detto dall’insegnante.

Non è stato un periodo facile per nessuno, ma in molti ci siamo sentiti coinvolti e abbiamo cercato di fare del nostro meglio per seguire i nostri figli responsabilizzandoli nel loro ruolo di studenti.
I professori, ognuno per la propria materia, hanno cercato di diversificare lezioni e modalità di verifica degli apprendimenti, creando, fortunatamente, tanto entusiasmo e tanta partecipazione. Purtroppo non tutti i ragazzi sono riusciti a considerare la DAD scuola vera e propria. Infatti alcuni di loro hanno approfittato degli inevitabili problemi tecnici iniziali, della possibilità di copiare senza essere visti e chattare continuamente con i compagni durante le ore di lezione. Fortunatamente per molti altri la DAD è stata un’opportunità. Ovvero i ragazzi che non riuscivano ad esprimersi liberamente in classe, attraverso uno schermo, hanno acquisito sicurezza e con serenità hanno recuperato lacune importanti mettendosi al pari con gli altri compagni e con i programmi scolastici.

Tutto sommato, i numerosi lavori di gruppo svolti in video-call, sotto la paziente regia dei docenti, che si sono inventati esperti formatori di tecnologie visuali, hanno aggiunto valore e contenuti al programma di apprendimento.

Certo, molte famiglie, già impegnate nello smart working imposto dalla loro azienda, hanno dovuto condividere gli spazi della casa, nonché la stessa rete wifi. Se è stato faticoso parlare a bassa voce e mantenere sempre un discreto silenzio, è stato invece molto bello “spiare” le lezioni, ascoltare la voce del proprio figlio, sentire come si esprimeva nel colloquio con i professori o come poneva domande. E’ stato invece mortificante, per noi genitori, sapere che alcuni compagni volontariamente silenziavano il microfono, obbligando il professore ad interrompere la lezione per richiamarli.

Meraviglioso, per la sezione musicale, sentire i ragazzi, collegati nella classe virtuale, provare brani musicali con i professori di strumento. Seppur talvolta dal video è uscita qualche nota stonata, i ragazzi sono riusciti comunque a trasmettere armonia e allegria e voglia di tornare presto alla normalità.

I ragazzi hanno scoperto in autonomia altre parti di sé e del mondo, sviluppato una consapevolezza nuova sulla realtà venutasi a creare e cominciato a riflettere se per ognuno di loro la scuola fosse solo un luogo fisico che ha senso se può essere raggiunta in macchina o a piedi o in bicicletta oppure se la scuola è il luogo dell’essere da cui si sentono coinvolti anche se sono separati da uno schermo o una traballante connessione.

Settembre ci ha visto nuovamente in presenza, in assoluta sicurezza, anche in considerazione delle ingenti somme spese e del lavoro svolto dalla scuola e dai progettisti per ridisegnare nuovi spazi e adeguare quelli già presenti per far fronte all’emergenza. Dunque l’organizzazione scolastica ha dimostrato di essere solida, non ci ha spaventato il ritorno in DAD: i collegamenti sono puntuali, la connessione è stabile per la maggior parte del tempo e tutto è quasi sempre sotto controllo.

Tante sono le state le critiche alle infinite ordinanze regionali emesse sempre tra sabato e domenica che si sono susseguite da settembre ad oggi. Far scegliere alle famiglie è stato oltremodo gravoso. Fortunatamente la Dirigente insieme ai suoi stretti e validi collaboratori hanno consentito in tempi brevi di organizzare le classi in presenza con alunni in DDI. Quasi tutti avrebbero optato per la presenza, ma fragilità familiari unitamente al cambiamento che la pandemia ha portato nelle nostre vite, ne hanno impedito la scelta. Non sono state coraggiose le famiglie che hanno scelto la presenza, hanno solo fatto affidamento su una sicura organizzazione scolastica e sulla maturità dei figli con la consapevolezza del rischio che, ancora oggi, corrono.

In conclusione, la scuola c’è stata e ci auguriamo che sarà pronta ad affrontare nuovi imprevisti che si potranno verificare garantendo il benessere agli alunni e alle famiglie e a tutto il personale.

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